L’art. 1, comma 132 (prima parte), della Legge n. 107/2015 (c.d. Legge della “Buona scuola”) stabilisce che “Nello stato di previsione del Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca è istituito un fondo per i pagamenti in esecuzione di provvedimenti giurisdizionali aventi ad oggetto il risarcimento dei danni conseguenti alla reiterazione di contratti a termine per una durata complessiva superiore a trentasei mesi, anche non continuativi, su posti vacanti e disponibili …“
Il Legislatore, dunque, ha previsto la creazione di uno specifico fondo al fine di poter liquidare i danni, derivanti dall’abusiva reiterazione di contratti di lavoro a tempo determinato, in favore di quei docenti precari, in servizio alle dipendenze del M.I.U.R. (oggi Ministero dell’Istruzione e del Merito), su posti vacanti e disponibili, per un periodo superiore a 36 mesi (anche non consecutivi).
La menzionata Legge della “Buona Scuola”, pertanto, garantisce ai docenti che abbiano lavorato mediante supplenze annuali su organico di diritto (quindi con scadenza al 31 agosto) la possibilità di ottenere il risarcimento di un danno in ipotesi in cui la durata dei contratti stipulati abbia complessivamente superato le 36 mensilità.
Invero, a conferma di quanto sopra trascritto, si segnala sul punto una recente pronuncia del Tribunale del Lavoro di Cuneo (Sentenza n. 272/2023 di seguito allegata) con la quale il Ministero dell’Istruzione e del Merito è stato condannato a pagare al ricorrente un importo a titolo risarcitorio pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto percepita.
Nello specifico il Giudice cuneese ha statuito che <<quando la precarietà assume i caratteri di una certa continuità e durata nel tempo, deve presumersi che quella posizione lavorativa sia (diventata) una posizione stabile e che continuare a coprirla con un contratto precario rappresenti un abuso. Ciò è quello che ha anche sostanzialmente affermato la Corte di Giustizia … Ciò posto, nella specie, pur essendo i contratti a termine del ricorrente, a parte il primo relativo all’anno scolastico 2014/2015, successivi all’entrata in vigore della L. 107/2015, è in ogni caso ravvisabile un utilizzo abusivo di detto tipo di contratto in quanto la reiterazione si è protratta per oltre un triennio ed inoltre in quanto, nel periodo in questione, non era prevista alcuna misura di ‘stabilizzazione’ e quindi non vi era la certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego (cfr. Corte Appello Torino n. 230/2022 rel. Casarino) … Il diritto al risarcimento del danno in favore della parte ricorrente, invero, è stato riconosciuto in via autentica dall’art. 1, comma 132, della L. 107/2015, ossia dalla norma che ha istituito un fondo per i pagamenti in esecuzione di provvedimenti giurisdizionali aventi ad oggetto il risarcimento dei danni conseguenti alla reiterazione di contratti a termine per una durata complessiva superiore a trentasei mesi, anche non continuativi, su posti vacanti (cioè privi di titolare temporaneamente assente). Il legislatore, dunque, ha esplicitamente riconosciuto l’esistenza di un danno derivante dalla mera reiterazione di contratti a termine per una durata complessiva superiore a trentasei mesi, anche non continuativi, su posti vacanti >> (Tribunale di Cuneo, sez. Lav., Sentenza n. 272/2023).
Lo studio è a disposizione per agire in giudizio, dinanzi al Giudice del Lavoro territorialmente competente, al fine di ottenere il ristoro dei danni da abusivo ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato.